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19-11-2009
In corso di pubblicazione l'inventario del Comune di Osio Sotto.
17-07-2009
Visita il sito delle fonti e degli archivi del Comune di Dalmine con video, foto e strumenti di ricerca bibliografica e archivistica
17-07-2009

Questo è il portale dedicato agli archvi dell'area del Sistema Bibliotecario di Dalmine, specie agli archivi comunali.
Si tratta di 24 Comuni con una popolazione di circa 140.000 abitanti.
Il laovoro è iniziato nel 2009 e verrà implementato con nuovi contenuti, grazie alla fattiva collaborazione delle Biblioteche del Sistema Bibliotecario e dei rispettivi Comuni.
Vuole essere un punto di riferimento per gli studiosi, i ricercatori, gli appassionati e soprattutto per una didattica nelle scuole che sappia valorizzare le fonti storiche locali, in modo che gli studenti di oggi e i cittadini di domani sappiano riconoscere le loro radici nello studio della nostra storia secolare, per affrontare al meglio le sfide di un mondo sempre più globale e multiculturale.

Buona navigazione tra le fonti e gli archivi del Sistema Intercomunale dell'area di Dalmine.

 

Lo stemma di Dalmine

La Città di Dalmine e la Consulta delle Realtà Sociali e del Volontariato Dalminese, in occasione dell’apertura della Festa delle Associazioni del 24 e 25 settembre 2011, invitano tutti alla presentazione del libro:

"Dalmine: dal leone al camoscio. Storia di cinque comuni e uno stemma"
a cura di Claudio Pesenti, Valerio Cortese ed Enzo Suardi

Venerdì 23 settembre 2011, ore 20,45
Sala del teatro Civico, Via Kennedy, 3 – Dalmine (Bg)
vedi la mappa di google


Coordinano la presentazione:
- Gianluca Iodice (Assessore alla cultura e alle tradizioni della Città di Dalmine)
- Stefano Pontillo (Presidente della Consulta delle Associazioni Dalminesi)

Lo stemma di Dalmine

"Lo stemma vuol rappresentare l’unità di un comune, che in Dalmine però si fatica a cogliere.
Per capirne le ragioni bisogna tornare al momento in cui avvenne l’unificazione nel 1927.
Il podestà era un dipendente della “Dalmine”, che favorì l’azienda senza preoccuparsi delle istituzioni che da secoli governavano e rappresentavano il territorio.
La nuova identità aveva al centro l’azienda e la “città greppiana”, imponendo un modello centro/periferia in cui le altre comunità erano abbandonate a se stesse.
Nel secondo dopoguerra le Amministrazioni comunali ebbero difficoltà a riequilibrare la precedente impostazione, favorendo la periferia. Negli anni 1948-1952 fu promossa la realizzazione di uno stemma che doveva diventare simbolo di unità dell’istituzione nata dalla fusione di tre comuni.
Per fare questo si cercò di recuperare la storia precedente, ma le conoscenze sui centri che componevano Dalmine erano scarse. Dallo stemma dei Camozzi si ricavarono alcuni elementi che, insieme con la torre, ricordavano che i centri dalminesi erano attivi non solo in età moderna, ma già nel medioevo.
Oggi disponiamo di maggiori conoscenze storiche che permettono di cogliere i limiti dell’emblema adottato e di proporne un cambiamento.
La rilettura storica ha implicazioni anche sul presente. In documenti comunali si usa, per leggere Dalmine e le sue dinamiche, la definizione di “città diffusa”, concetto che presuppone un centro che si è andato via via sviluppando. Dalmine è invece una “città plurale” come storia e “policentrica” dal punto di vista urbanistico.
Il ruolo e i compiti del comune nel tempo si sono ampliati, tanto che la riforma istituzionale del 1999 riconosce ai comuni il ruolo di fondamenta dello stato italiano."

Invito

"Certamente è singolare raccontare la storia di un Comune a partire dal suo stemma ed emblema ci
vico. Ma anche suggestivo poiché nello stemma si trovano sintetizzati i caratteri principali di un
luogo e di una comunità, da ricercare nel territorio e nella sua storia, nel significato dei simboli araldici disegnati nello stemma comunale che è il vessillo, la bandiera del Comune. Una non facile impresa che questo libro supera a pieni voti.
Come una sorta di antico logo pubblicitario, lo stemma ci parla di epoche lontane, attraverso il carattere simbolico di forme geometriche, colori, astri, oggetti, armi, paesaggi, torri, animali, fiori,
piante e parti del corpo umano, che si rifanno all'iconografia araldica, all'iconologia allegorica e alla
sigillografia.
L'araldica infatti attinge le sue origini nei linguaggi primordiali, come le pitture e le incisioni preistoriche, come le più antiche scritture dell'umanità fatte di ideogrammi o geroglifici, come le figure mitologiche e i bestiari medioevali. Con le sue simbologie assume però leggi proprie, quasi matematiche. Oggi, in un certo senso lo stemma, in modo meno formale, si può ritrovare nella pittografia, nella segnaletica e nei linguaggi grafici dei marchi aziendali e delle icone dei computer e dei telefonini oppure nei i tag dei linguaggi informatici tipici di Internet e di tanti oggetti digitali.
Se le famiglie nobili e aristocratiche hanno rappresentato la loro potenza, il loro blasone negli scudi
araldici, spesso corroborati da false genealogie, i Comuni, anche quelli più piccoli, si sono dotati del
loro stemma e del loro gonfalone, memori della gloriosa storia del Medioevo dei Comuni italiani.
Negli archivi comunali si trovano molte tracce, corrispondenze e documenti che parlano della pratica per lo stemma comunale e della sua approvazione legale. Infatti la scelta dello stemma comunale
va sottoposta all'approvazione dell'autorità dello Stato, al Consiglio dei Ministri secondo le normative di legge, come ci illustra questo acuto volume, ricco di piste di ricerca e di approfondimenti didattici.
Gli avvicendamenti istituzionali degli ultimi 150 anni hanno dato impulso all'adozione dello stemma comunale. La nascita del Regno dell'Italia unita portò alla ripresa degli studi araldici. Le famiglie più importanti e ricche, anche se di recente ricchezza, volevano avere un emblema per essere
iscritte nella nobiltà del Regno. Proprio in quegli anni, esattamente nel 1869, nacque la Consulta
Araldica che è durata sino alla Repubblica. Infatti nel 1946 l'Ufficio Onorificenze e Araldica pubblica ha sostituito la Consulta Araldica, sono stati disconosciuti i titoli nobiliari e nel 1967 è stata dichiarata la "illegittimità costituzionale" della legislazione araldica dal 1887 al 1943.
Il fascismo fu un altro momento di diffusione dell'araldica, degli emblemi e dei segni simbolici. Occorreva il consenso al nazionalismo con il fascio, le bandiere, i gagliardetti e le divise, con i parchi
della rimembranza per i caduti di guerra, i nomi delle vie inneggianti alla marcia su Roma o con la
statua in bronzo del milite ignoto nelle scuole elementari, in sintonia con la retorica del grande impero, della romanità, del medioevo, del podestà e delle corporazioni, per trovare nel passato il consenso alle politiche autoritarie, centraliste e militariste della dittatura fascista.
Per la visita di Mussolini a Bergamo nel 1939, i fascisti avrebbero dovuto partecipare all'adunata
con le loro divise e i podestà comunali con i gonfaloni e le bandiere per la grande parata coreografica di cui era maestra la macchina propagandistica del regime. Il 19 maggio 1939 la prefettura chiese ai podestà di ricevere “l'originale brevetto reale contenente la riproduzione esatta a colori dello stemma araldico concesso”. E con successiva circolare del 27 settembre 1939 la federazione del Partito fascista di Bergamo così scriveva: “Fra le manifestazioni decorative per la prossima venuta del Duce a Bergamo è compresa l'esposizione degli stemmi di ciascun Comune della Provincia. Vi sarò grato se a tale scopo vorrete inviarci al più presto e non oltre il giorno 5 ottobre lo schizzo dello stemma del vostro Comune con l'indicazione esatta dei colori d'ogni parte”.
In questa lettera si citano le caratteristiche che doveva avere lo stemma comunale, anche nel caso di unione di più Comuni:
“Qualora questo Comune fosse privo della stemma provvederemo a farne predisporre uno apposito; in questo caso vi preghiamo interessarvi subito per farci avere i dati utili per la sua preparazione tenendo presente che la figurazione araldica dello stemma deve rispecchiare caratteristiche particolari del posto (trarre partito per esempio dall'arme di antichi dominatori del Comune, dalla fisionomia geologica, dalla etimologia del nome); da una particolare industria o commercio; dalla  
fauna (come di uno speciale allevamento o dalla dimora in tempi passati di una data fiera); dalla  
flora riferendosi alla coltivazione del posto (in certi stemmi si vedono: un pino, una quercia, un ciliegio, ecc.), oppure da un antico monumento (un castello, una torre, un santuario, un ponte, un  
campanile), oppure da elementi architettonici (una colonna, un arco, ecc.) che si ricongiungano a  
un dato fatto storico o a un racconto della tradizione. Per i Comuni che in seguito ai recenti raggruppamenti per formarne uno solo, non esistesse il nuovo stemma, si riuniranno in uno quelli degli antichi Comuni componenti. Notizie utili in merito potranno essere assunte presso studiosi locali o archivi parrocchiali.”
Però, nonostante gli appelli, diversi Comuni non avevano uno stemma approvato ufficialmente. Perciò nell'Italia repubblicana, in particolare negli anni della ricostruzione dal 1950 al 1960, molti Comuni ripresero le pratiche di concessione del loro stemma. Così fece il Comune di Dalmine il 29 dicembre 1952, ottenendo il decreto di approvazione dello stemma comunale il 26 gennaio 1954, firmato dal Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi.
Nell'archivio del Comune di Dalmine vi sono i carteggi con lo Studio Araldico di Genova che per
decenni è stato il riferimento principale di tutti i Comuni per la pratica di ricerca e adozione dello
stemma comunale. L'archivio di questa società è confluito nella sede fiorentina della Biblioteca Storico Araldica Genealogica Guelfi Camaiani. L'archivio della Consulta Araldica si trova presso l'Archivio Centrale dello Stato (1861-1946) e conserva documenti e informazioni sulle relazioni intessute con le amministrazioni comunali, sulle vicende e sul blasone degli stemmi comunali. All'Archivio di Stato di Bergamo nelle carte del periodo napoleonico vi sono 3 faldoni di araldica dal 1806 al 1816. Alla Biblioteca Mai di Bergamo si può consultare il fondo “Diplomazia e araldica” sulle nobili famiglie bergamasche.  Per la Lombardia si segnala l'archivio della  Commissione regionale
araldica dal 1891 al 1947 conservato all'Archivio di Stato di Milano, insieme ad altri fondi di araldica antica e moderna. Testimonianze araldiche delle provincie lombarde, un tempo sottoposte alla
Serenissima, si possono trovare anche all'Archivio di Stato di Venezia.
Lo stemma di Dalmine è significativo perché riguarda un Comune che, con un'immagine colorita, si
potrebbe definire arlecchino essendo formato da tanti borghi e antichi Comuni, come emerge  nell'archivio storico comunale che conserva gli archivi dei Comuni cessati. Purtroppo lo stemma  manca di un riferimento araldico alla realtà industriale che ha fatto di Dalmine una città grande e operosa, conosciuta nel mondo per le sue fabbriche e i suoi tubi senza saldatura.
Leggendo queste pagine che vanno alla radice della pluralità di Comuni che hanno formato Dalmine, i cittadini di Dalmine, piccoli e grandi, possono scoprire il loro stemma comunale.
Lo stemma rappresenta la sintesi della Città di Dalmine, così come il Tricolore lo è per l'Italia. Senza dimenticare alcune contraddizioni che il volume non tralascia di rilevare e sottoporre ai lettori
con dovizia di dati e citazioni storiche e archivistiche, che rendono onore agli autori, attenti alla
ricerca bibliografica e archivistica, non dimenticando gli archivi comunali spesso ignorati persino
da illustri storici.
Poiché l'archivio del Comune, se ben riordinato e tutelato, conserva anche la storia dello stemma comunale e delle vicende istituzionali e sociali della comunità, all'amministrazione comunale spetta il compito di preservarlo e valorizzarlo per la memoria collettiva, presente e futura, di cui questo libro è una gemma preziosa."

Bernardino Pasinelli
(dall'introuduzione al libro)

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